Lettori e lettrici che la vita vi va stretta e cercate nuove emozioni su questo blog,
Oggi vi ha detto bene.
Sta per tornare a sorpresa e a grande richiesta l'evento più celebrato dell'estate reggelese dopo la festa della birra, la tombola in piazza e la birthday week.
Esatto Sergio.
Sto parlando della paella perfetta.
Al solito un breve cenno storico.
I più sterzoni e i meno inseriti potranno pensare che la paella perfetta sia stata creata da napoleone durante la campagna di russia. Ma nuove ricerche realizzate da scienziati molto all'avanguardia hanno dimostrato che questo piatto è molto più antico.
Alcuni graffiti rinvenuti in angolino di massa nera riportano infatti il disegno di un albero sul quale crescevano dei frutti rotondi ripieni di riso e totani. Tali graffiti, grazie alle moderne scienze all'avanguardia, sono stati datati grazie l'ausilio di un calendario molto speciale e hanno dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che già ai tempi di Adamo ed Eva esisteva la paella perfetta. Ma è qui che studi ancora più approfonditi fatti da scienziati molto bravi hanno dimostrato, grazie al metodo di ruffini applicato per assurdo del teorema di Fermat, che la celebre mela della discordia fosse in realtà una porzione di paella perfetta. È stata la tradizione cristiana che ha deciso di nascondere questa scomoda verità per paura che la paella perfetta venisse per sempre bandita come piatto blasfemo. Questo segreto, pervenuto intatto fino ai giorni nostri, rischia di sconvolgere il mondo come oggi lo conosciamo, quindi viene scritto su questo blog così siamo tutti tranquilli che nessuno lo leggerà.
Insomma, spengete tutte le luci, portate a letto il cane, chiudete il gas, mettetevi i pantaloni con le bretelle, tirate fuori l'eskimo del liceo, lasciate un biglietto al lattaio, mettevi gli occhiali con il laccio dietro, fate la giravolta, fatela un'altra volta, andate a vomitare in bagno, prendete ferie, lucidate l'argenteria e gonfiate le gomme della bicicletta, perché sta per tornare la paella perfetta.
Sono aperte le iscrizioni per sabato 13 giugno.
Wednesday, 10 June 2015
Wednesday, 18 July 2012
PAELLA PERFETTA ED. 2012
Lettori scomparsi(guardando le statistiche di questo blog ho notato che in media ci sono due visitatori al giorno, chiunque siano, grazie davvero),
Come ogni manifestazione annuale che si rispetti, torna uno degli eventi più attesi dell'estate reggellese. La notte bianca. Ma vi pare, di quella non gliene frega niente a nessuno. E' la PAELLA PERFETTA (tra l'altro qualche sentone l'ha anche cancellata tra gli eventi del comune di Reggello nella pagina di wikipedia).
Dopo l'edizione 2011 tenutasi nell'accogliente cittadina di Pointe Noire (vedi foto), finalmente l'evento che ha fatto vomitare grandi e piccini torna nel gran ducato.
Al solito, un breve cenno storico.
Non tutti sanno che la PAELLA PERFETTA era conosciuta fin dall'antico Egitto come malta per murature antisismiche. Nel 1924 un archeologo inglese alla ricerca della tomba di un famoso faraone ritrovò infatti una importante pergamena raffigurante la ricetta per una malta segreta dalla resistenza straordinaria, impiegata nella costruzione di edifici strabilianti che gli addetti ai lavori chiamano piramidi. La pergamena fu sottratta dallo scaltro archeologo che ne intuì immediatamente l'enorme potenziale e consegnata direttamente ai servizi segreti britannici. Qui venne studiata e migliorata in ogni dettaglio. Gli scienziati scoprirono che sostituendo la sabbia con il riso basmati si potevano ottimizzare gli sforzi resistenti secondo le linee isostatiche, sostituire l'acqua con il brodo di pesce rendeva la malta ancora più resistente all'acqua e l'utilizzo dei totani al posto del silicato di calcio consentiva di ridurre l'impatto ambientale. Ma fu uno studente italiano ad avere la geniale intuizione di utilizzare lo zafferano per far sì che la malta assumesse lo stesso colore delle piramidi stesse, in modo da minimizzare l'impatto visivo ma soprattutto estetico.
Mettete a letto i bambini e fiondatevi alla PAELLA PERFETTA, il prossimo 27 Luglio.
Come ogni manifestazione annuale che si rispetti, torna uno degli eventi più attesi dell'estate reggellese. La notte bianca. Ma vi pare, di quella non gliene frega niente a nessuno. E' la PAELLA PERFETTA (tra l'altro qualche sentone l'ha anche cancellata tra gli eventi del comune di Reggello nella pagina di wikipedia).
Dopo l'edizione 2011 tenutasi nell'accogliente cittadina di Pointe Noire (vedi foto), finalmente l'evento che ha fatto vomitare grandi e piccini torna nel gran ducato.
Al solito, un breve cenno storico.
Non tutti sanno che la PAELLA PERFETTA era conosciuta fin dall'antico Egitto come malta per murature antisismiche. Nel 1924 un archeologo inglese alla ricerca della tomba di un famoso faraone ritrovò infatti una importante pergamena raffigurante la ricetta per una malta segreta dalla resistenza straordinaria, impiegata nella costruzione di edifici strabilianti che gli addetti ai lavori chiamano piramidi. La pergamena fu sottratta dallo scaltro archeologo che ne intuì immediatamente l'enorme potenziale e consegnata direttamente ai servizi segreti britannici. Qui venne studiata e migliorata in ogni dettaglio. Gli scienziati scoprirono che sostituendo la sabbia con il riso basmati si potevano ottimizzare gli sforzi resistenti secondo le linee isostatiche, sostituire l'acqua con il brodo di pesce rendeva la malta ancora più resistente all'acqua e l'utilizzo dei totani al posto del silicato di calcio consentiva di ridurre l'impatto ambientale. Ma fu uno studente italiano ad avere la geniale intuizione di utilizzare lo zafferano per far sì che la malta assumesse lo stesso colore delle piramidi stesse, in modo da minimizzare l'impatto visivo ma soprattutto estetico.
Mettete a letto i bambini e fiondatevi alla PAELLA PERFETTA, il prossimo 27 Luglio.
Saturday, 25 February 2012
DOTTORI
Lettori ormai adulti,
Oggi mi sono ricordato di avere un blog. Ho anche visto che l’ultimo aggiornamento risaliva al 8 novembre. E mi è sembrato per un attimo di aver mollato. Ora, siccome dico sempre che sono uno che non molla mai e che non racconta cazzate (che?), il mio blog mi potrebbe facilmente smentire. Pongo rimedio come posso.
Oggi parliamo di impiego.
Questo argomento mi è molto caro, i giornali nel parlano a dismisura e i politici (ammesso che esistano ancora) se ne riempiono la bocca che sembra bongo di Foffo, per davvero. Insomma, chi ce l’ha si lamenta “che palle lavorare”, chi il lavoro lo cerca dice forse a ragione “il lavoro in Italia non esiste più” e chi studia spera di poterlo trovare un giorno, prima arrivare alla pensione. Infine stamani apro il sole 24 ore (che tipo) e leggo che confagricoltori ha stimato in 35.000 il numero di extracomunitari da trovare al più presto per il prossimo raccolto. E’ così.
Poi sono anche diventato fan di Ascanio Celestini.
C’era una volta un piccolo paesino. Nel piccolo paesino c’era un operaio che voleva il figlio dottore. Aveva ascoltato “Contessa” quando era giovane, e ci aveva creduto. L’operaio era amico di un altro operaio, il quale a sua volta voleva il figlio dottore, visto che comunque erano cresciuti insieme. Poi c’era anche il dottore, amico dei due operai e loro medico personale, il quale come ci si può immaginare non volesse il figlio operaio. Ora, siccome il piccolo paesino aveva vissuto momenti felici grazie ad una forte crescita a debito voluta dal figlio del fioraio (quello dei garofani rossi), gli operai guadagnavano bene, e quindi potevano far studiare i loro figli per farli diventare dottori. Inoltre, le università per dottori spopolavano, visto che lo stato contraeva debiti per pagare tutti. E quindi i padri potevano convincere i loro figli che avevano un futuro assicurato. Il piccolo paesino cresceva a vista d’occhio, con sempre più persone che venivano a vivere nel piccolo paesino, perché alla fine ci si stava bene. Così crescevano le entrate del comune, gli interessi dei debiti venivano pagati e tutti prestavano soldi al piccolo paesino per continuare a crescere.
Ma poi un giorno ci fu un problema.
C’erano troppi dottori. E come i dottori avevano imparato all’università, anche se ora facevano finta di non ricordarselo, quando l’offerta aumenta il prezzo diminuisce, e quindi non tutti avevano un lavoro e chi ce l’aveva era pagato poco. Insomma, mentre tutti si scannavano per poter fare quello per cui avevano studiato, i lavori che nessuno voleva più li facevano quelli che avevano veramente bisogno di lavorare, e che non pensavano che il lavoro fosse solo un modo figo per impiegare il tempo tipo a Scrubs.
La situazione era maledettamente complicata. Ed in stallo per giunta. I giovani dottori erano senza lavoro. I vecchi si tenevano stretto il lavoro che avevano per far sopravvivere i propri figli. E tutti cercavano di scaricare la colpa sul proprio vicino. Non ci si capiva più nulla. Tutti dicevano che il piccolo paesino doveva crescere ancora, aumentando la sua popolazione si sarebbero coltivati più campi, prodotto più cibo per far mangiare più muratori, i quali avrebbero costruito più ospedali. Visto che la popolazione era aumentata, da una parte sarebbero aumentati i malati, dall’altra si sarebbero pagate più tasse per pagare altri dottori, in modo che tutti avessero un lavoro a modino.
Ma non c’erano più campi da coltivare, non c’era più spazio per fare le case per i muratori che avrebbero dovuto costruire altri ospedali. Non c’era più carbone da bruciare e più discariche dove gettare l’immondizia. Il piccolo paesino non poteva più crescere.
Questo era un problema serio.
Ci voleva una soluzione. Una finanziaria, o una riforma della scuola, o una riforma del lavoro, ci sarà pur stato qualcosa da riformare.
Oppure una bella guerra. Tutti i debiti cancellati, chi non aveva uno per fare due con un fucile in mano a farsi ammazzare per creare nuovi posti di lavoro senza pesare sulle casse del piccolo paesino, e finalmente l’economia che poteva crescere, dopo essere stata ridotta in frantumi, per fare nuovi debiti e ricominciare tutto da capo.
Se funziona così siamo a posto, se non siamo quelli con il fucile in mano.
Oggi mi sono ricordato di avere un blog. Ho anche visto che l’ultimo aggiornamento risaliva al 8 novembre. E mi è sembrato per un attimo di aver mollato. Ora, siccome dico sempre che sono uno che non molla mai e che non racconta cazzate (che?), il mio blog mi potrebbe facilmente smentire. Pongo rimedio come posso.
Oggi parliamo di impiego.
Questo argomento mi è molto caro, i giornali nel parlano a dismisura e i politici (ammesso che esistano ancora) se ne riempiono la bocca che sembra bongo di Foffo, per davvero. Insomma, chi ce l’ha si lamenta “che palle lavorare”, chi il lavoro lo cerca dice forse a ragione “il lavoro in Italia non esiste più” e chi studia spera di poterlo trovare un giorno, prima arrivare alla pensione. Infine stamani apro il sole 24 ore (che tipo) e leggo che confagricoltori ha stimato in 35.000 il numero di extracomunitari da trovare al più presto per il prossimo raccolto. E’ così.
Poi sono anche diventato fan di Ascanio Celestini.
C’era una volta un piccolo paesino. Nel piccolo paesino c’era un operaio che voleva il figlio dottore. Aveva ascoltato “Contessa” quando era giovane, e ci aveva creduto. L’operaio era amico di un altro operaio, il quale a sua volta voleva il figlio dottore, visto che comunque erano cresciuti insieme. Poi c’era anche il dottore, amico dei due operai e loro medico personale, il quale come ci si può immaginare non volesse il figlio operaio. Ora, siccome il piccolo paesino aveva vissuto momenti felici grazie ad una forte crescita a debito voluta dal figlio del fioraio (quello dei garofani rossi), gli operai guadagnavano bene, e quindi potevano far studiare i loro figli per farli diventare dottori. Inoltre, le università per dottori spopolavano, visto che lo stato contraeva debiti per pagare tutti. E quindi i padri potevano convincere i loro figli che avevano un futuro assicurato. Il piccolo paesino cresceva a vista d’occhio, con sempre più persone che venivano a vivere nel piccolo paesino, perché alla fine ci si stava bene. Così crescevano le entrate del comune, gli interessi dei debiti venivano pagati e tutti prestavano soldi al piccolo paesino per continuare a crescere.
Ma poi un giorno ci fu un problema.
C’erano troppi dottori. E come i dottori avevano imparato all’università, anche se ora facevano finta di non ricordarselo, quando l’offerta aumenta il prezzo diminuisce, e quindi non tutti avevano un lavoro e chi ce l’aveva era pagato poco. Insomma, mentre tutti si scannavano per poter fare quello per cui avevano studiato, i lavori che nessuno voleva più li facevano quelli che avevano veramente bisogno di lavorare, e che non pensavano che il lavoro fosse solo un modo figo per impiegare il tempo tipo a Scrubs.
La situazione era maledettamente complicata. Ed in stallo per giunta. I giovani dottori erano senza lavoro. I vecchi si tenevano stretto il lavoro che avevano per far sopravvivere i propri figli. E tutti cercavano di scaricare la colpa sul proprio vicino. Non ci si capiva più nulla. Tutti dicevano che il piccolo paesino doveva crescere ancora, aumentando la sua popolazione si sarebbero coltivati più campi, prodotto più cibo per far mangiare più muratori, i quali avrebbero costruito più ospedali. Visto che la popolazione era aumentata, da una parte sarebbero aumentati i malati, dall’altra si sarebbero pagate più tasse per pagare altri dottori, in modo che tutti avessero un lavoro a modino.
Ma non c’erano più campi da coltivare, non c’era più spazio per fare le case per i muratori che avrebbero dovuto costruire altri ospedali. Non c’era più carbone da bruciare e più discariche dove gettare l’immondizia. Il piccolo paesino non poteva più crescere.
Questo era un problema serio.
Ci voleva una soluzione. Una finanziaria, o una riforma della scuola, o una riforma del lavoro, ci sarà pur stato qualcosa da riformare.
Oppure una bella guerra. Tutti i debiti cancellati, chi non aveva uno per fare due con un fucile in mano a farsi ammazzare per creare nuovi posti di lavoro senza pesare sulle casse del piccolo paesino, e finalmente l’economia che poteva crescere, dopo essere stata ridotta in frantumi, per fare nuovi debiti e ricominciare tutto da capo.
Se funziona così siamo a posto, se non siamo quelli con il fucile in mano.
Tuesday, 8 November 2011
DITA INCROCIATE
Lettori e lettrici (dubito, ma voglio crederci),
Non so se lo fate anche voi, ma io tutte le mattine cerco di mantenere la mia cultura generale ad un livello di minima decenza, affinché possa votare senza paura, anche in caso di democrazia sperimentativa .Di solito cerco di informarmi da fonti ufficiali, di orentamento politico diverso, ma anche da blog più o meno importanti e rinomati. Questo, mi auguro, mi consente di avere una visione della situazione globale da diversi punti di vista ed avere una mia idea indipendente.
Sicuramente state pensando chi se ne frega, ed avete ragione, perché poi infatti non volevo dire questo.
Mi chiedevo se anche voi, tutte le mattine fino ad oggi, avete incrociato le dita la mattina mentre aprivate la pagina di repubblica, affinché il titolo fosso "Berlusconi a casa", oppure "Berlusconi in galera" o meglio "Berlusconi scappa a Tunisi".
Oggi incrociare le dita è finalmente servito a qualcosa.
Non so se lo fate anche voi, ma io tutte le mattine cerco di mantenere la mia cultura generale ad un livello di minima decenza, affinché possa votare senza paura, anche in caso di democrazia sperimentativa .Di solito cerco di informarmi da fonti ufficiali, di orentamento politico diverso, ma anche da blog più o meno importanti e rinomati. Questo, mi auguro, mi consente di avere una visione della situazione globale da diversi punti di vista ed avere una mia idea indipendente.
Sicuramente state pensando chi se ne frega, ed avete ragione, perché poi infatti non volevo dire questo.
Mi chiedevo se anche voi, tutte le mattine fino ad oggi, avete incrociato le dita la mattina mentre aprivate la pagina di repubblica, affinché il titolo fosso "Berlusconi a casa", oppure "Berlusconi in galera" o meglio "Berlusconi scappa a Tunisi".
Oggi incrociare le dita è finalmente servito a qualcosa.
Sunday, 30 October 2011
ENERGY, SOCIETY AND SUSTAINABILITY
Lettori che non avete niente di meglio da fare,
Come avrete capito dal titolo oggi si parla di energia, società e sostenibilità. Stavo aggiornando il mio curriculum quando ho letto che in realtà avevo sostenuto e passato un corso proprio su questo argomento. Mi sono quindi sentito a pieno titolo una vera autorità in materia e ho deciso di dare una opinione in merito. Grazie per il vostro tempo.
C’era una volta un’isola, in un posto caldo e umido, dove gli uomini vivevano di banane, manghi, papaye e canne da zucchero. Avevano anche animali da fattoria ed erano dei grandi pescatori. Mangiavano quello che producevano, vi sembrerà logico. Nel senso, sei nel mezzo dell’oceano a trentacinque gradi, ad almeno 2 giorni di nave da qualsiasi paese che produca cibo diverso dal tuo, non è che puoi mangiare la fonduta pasteggiando a grolla. Mi sembrerebbe logico insomma. Vado al mare e mangio il pesce, vado in montagna e mangio cacciagione. Vado in Cina e mangio riso, vado in America e mangio da Mc Donald.
E invece non è logico per niente, perché in questa piccola isola calda e umida ci sono cavoli olandesi, patate francesi, vongole del mediterraneo, salmoni della Norvegia, carne di canguro e pasta dall’Italia (ma quella è dappertutto). Non producono né latte né grano, ma a colazione in tutti gli alberghi c’è pane burro e marmellata (la marmellata almeno non è di ciliegie, questo va riconosciuto). Fuori è minimo trenta gradi, ma nei centri commerciali ci vorrebbe il giubbotto. C’è un traffico sembra il deposito di uno sfasciacarrozze tanta è la concentrazione di macchine, che ti viene da chiederti dove cazzo vada tutta questa gente. Il trasporto pubblico italiano a confronto spacca i culi, ma li spacca veramente.
Ma veniamo al dunque.
Chiappetti, ricordati di dire ai tuoi nipoti, quando ti chiederanno perché per andare a scuola devono fare dieci chilometri a piedi tutte le mattine, che la colpa è del tuo amico rosso, che mangiava pane burro e marmellata a colazione, beveva vino del chianti a cena, prendeva la macchina anche per andare al cesso e teneva accesa tutto il giorno l’aria condizionata perché l’umido lo stava uccidendo.
Come avrete capito dal titolo oggi si parla di energia, società e sostenibilità. Stavo aggiornando il mio curriculum quando ho letto che in realtà avevo sostenuto e passato un corso proprio su questo argomento. Mi sono quindi sentito a pieno titolo una vera autorità in materia e ho deciso di dare una opinione in merito. Grazie per il vostro tempo.
C’era una volta un’isola, in un posto caldo e umido, dove gli uomini vivevano di banane, manghi, papaye e canne da zucchero. Avevano anche animali da fattoria ed erano dei grandi pescatori. Mangiavano quello che producevano, vi sembrerà logico. Nel senso, sei nel mezzo dell’oceano a trentacinque gradi, ad almeno 2 giorni di nave da qualsiasi paese che produca cibo diverso dal tuo, non è che puoi mangiare la fonduta pasteggiando a grolla. Mi sembrerebbe logico insomma. Vado al mare e mangio il pesce, vado in montagna e mangio cacciagione. Vado in Cina e mangio riso, vado in America e mangio da Mc Donald.
E invece non è logico per niente, perché in questa piccola isola calda e umida ci sono cavoli olandesi, patate francesi, vongole del mediterraneo, salmoni della Norvegia, carne di canguro e pasta dall’Italia (ma quella è dappertutto). Non producono né latte né grano, ma a colazione in tutti gli alberghi c’è pane burro e marmellata (la marmellata almeno non è di ciliegie, questo va riconosciuto). Fuori è minimo trenta gradi, ma nei centri commerciali ci vorrebbe il giubbotto. C’è un traffico sembra il deposito di uno sfasciacarrozze tanta è la concentrazione di macchine, che ti viene da chiederti dove cazzo vada tutta questa gente. Il trasporto pubblico italiano a confronto spacca i culi, ma li spacca veramente.
Ma veniamo al dunque.
Chiappetti, ricordati di dire ai tuoi nipoti, quando ti chiederanno perché per andare a scuola devono fare dieci chilometri a piedi tutte le mattine, che la colpa è del tuo amico rosso, che mangiava pane burro e marmellata a colazione, beveva vino del chianti a cena, prendeva la macchina anche per andare al cesso e teneva accesa tutto il giorno l’aria condizionata perché l’umido lo stava uccidendo.
Saturday, 1 October 2011
BRACCINO CORTO
Lettori d’oltre oceano,
C’è questo tipo che entra in un locale sulla spiaggia. Il barista lo guarda bene. Il barista è un signore sulla sessantina. Definirlo signore però non rende tanto l’idea. Uno un signore se lo immagina con una camicia e un paio di pantaloni addosso almeno. Una persona almeno un po’ distinta, insomma, uno che potrebbe essere tuo nonno, ma che siccome non lo è lo dovresti chiamare signore. E’ semplice perché si fa fatica a chiamarlo signore. Perché ha i capelli lunghi, la barba lunga, una canottiera grigia o bianca o gialla, non si capisce bene e un paio di bermuda. Ovviamente è scalzo. Questo tipo si diceva entra in questo bar sulla spiaggia. Il bar è decisamente decadente. Tutto in legno, con le travi interne che saranno almeno alla sesta settima mano di smalto bianco. I tavolini sono consumati e le sedie impagliate. In più è in una zona che non riflette l’immaginario collettivo raffigurato nella foto, anzi. Il tipo con la camicia si avvicina al bancone e chiede tre caffè. Uno per lui, e gli altri due per i suoi colleghi. Il barista farfuglia qualcosa in francese credo. Accende la macchinetta che produce dei liquidi strani. Il colore assomiglia a quello del caffè, ma sopra ci galleggia qualcosa di schiumoso ma solido. Il tipo con la camicia lo beve, perché non è uno che si fa scrupoli, ma gli altri due lasciano perdere e si avviano alla macchina. Allora quello con la camicia chiede il conto. Sono 12 euro. La Guadalupe è così, più il posto è malsano e più è un salasso. Una birra in bottiglia 6 euro e un risotto 24. Meno male che paga INSO.
C’è questo tipo che entra in un locale sulla spiaggia. Il barista lo guarda bene. Il barista è un signore sulla sessantina. Definirlo signore però non rende tanto l’idea. Uno un signore se lo immagina con una camicia e un paio di pantaloni addosso almeno. Una persona almeno un po’ distinta, insomma, uno che potrebbe essere tuo nonno, ma che siccome non lo è lo dovresti chiamare signore. E’ semplice perché si fa fatica a chiamarlo signore. Perché ha i capelli lunghi, la barba lunga, una canottiera grigia o bianca o gialla, non si capisce bene e un paio di bermuda. Ovviamente è scalzo. Questo tipo si diceva entra in questo bar sulla spiaggia. Il bar è decisamente decadente. Tutto in legno, con le travi interne che saranno almeno alla sesta settima mano di smalto bianco. I tavolini sono consumati e le sedie impagliate. In più è in una zona che non riflette l’immaginario collettivo raffigurato nella foto, anzi. Il tipo con la camicia si avvicina al bancone e chiede tre caffè. Uno per lui, e gli altri due per i suoi colleghi. Il barista farfuglia qualcosa in francese credo. Accende la macchinetta che produce dei liquidi strani. Il colore assomiglia a quello del caffè, ma sopra ci galleggia qualcosa di schiumoso ma solido. Il tipo con la camicia lo beve, perché non è uno che si fa scrupoli, ma gli altri due lasciano perdere e si avviano alla macchina. Allora quello con la camicia chiede il conto. Sono 12 euro. La Guadalupe è così, più il posto è malsano e più è un salasso. Una birra in bottiglia 6 euro e un risotto 24. Meno male che paga INSO.
Wednesday, 14 September 2011
PACEVILLE
Barca a vela tipo Hobie 14 Winter, Cantieri Zeno (Arezzo), anno di produzione 1994. Lunghezza fuori tutto 4 m, larghezza 1,5 m, armata a Sloop, due compartimenti stagni antiaffondamento, piccolo gavone a prua. Completa di vele in ottimo stato (randa e fiocco), carrello di alaggio in alluminio, deriva mobile in legno, timone in legno e alluminio, ancora, predisposizione a poppa per inserimento motore fuoribordo.
Completamente restaurata a Maggio 2011: riverniciatura dello scafo con vernice marina di primissima qualità (lo scafo è in ottimo stato e non presenta nessun segno di osmosi), sostituzione di drizze e scotte e sostituzione dello stick del timone.
Barca stabile e veloce, ideale per una prima esperienza su derive. Il basso centro di gravità la rende particolarmente stabile al rollio, aumentando la sicurezza alla scuffia. La barca può facilmente essere condotta da una persona. Ideale anche per brevi crociere può portare comodamente fino a 3 adulti.
Può essere facilmente trasportata sul tetto della propria auto con delle normali barre porta tutto (peso circa 75 kg), l’albero può essere smontato in due parti della lunghezza di circa 2,5 m ciascuna.
Vendo per trasferimento in Guadalupe e poi perchè il mio babbino si stressa ad averla in garage. Visibile a Scarlino (GR), durante l’inverno è custodita al coperto in un garage.
Prezzo 1.200 euro
Per informazioni rivolgersi a Pietro Fabiani
Tel: 345.1038145
Mailto: fabiani35@hotmail.com
Completamente restaurata a Maggio 2011: riverniciatura dello scafo con vernice marina di primissima qualità (lo scafo è in ottimo stato e non presenta nessun segno di osmosi), sostituzione di drizze e scotte e sostituzione dello stick del timone.
Barca stabile e veloce, ideale per una prima esperienza su derive. Il basso centro di gravità la rende particolarmente stabile al rollio, aumentando la sicurezza alla scuffia. La barca può facilmente essere condotta da una persona. Ideale anche per brevi crociere può portare comodamente fino a 3 adulti.
Può essere facilmente trasportata sul tetto della propria auto con delle normali barre porta tutto (peso circa 75 kg), l’albero può essere smontato in due parti della lunghezza di circa 2,5 m ciascuna.
Vendo per trasferimento in Guadalupe e poi perchè il mio babbino si stressa ad averla in garage. Visibile a Scarlino (GR), durante l’inverno è custodita al coperto in un garage.
Prezzo 1.200 euro
Per informazioni rivolgersi a Pietro Fabiani
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