Saturday 6 September 2008

IDENTITA' E TECNOLOGIA

In Lorenso Cherici
Costruire una propria identità è uno dei problemi più grandi della società moderna. La parola identità è di facile interpretazione, ognuno di noi è in grado di rispondere in modo più o meno corretto alla domanda "chi sono io?". La questione diventa molto più complicata se il concetto di identità viene affiancato a quel processo di socializzazione, che nel corso dei secoli è cambiato notevolmente. La questione identità nasce al momento in cui l'individuo trova a doversi confrontare con se stesso, con i suoi sentimenti, con le sue ragioni e con gli altri esseri umani, ed è grazie al rapportarsi con gli altri che l'individuo si riconosce diverso dall'altro, partendo da constatazioni di uguaglianza. Durante il medioevo fino alla rivoluzione industriale, l'uomo non era in grado di essere libero come soggetto capace di intelletto e di ragione, questo grazie ad un fortissimo controllo di poteri esterni come ad esempio la chiesa ma non solo; ma è con la scoperta di nuove tecnologie e la nascita del libero mercato che nasce e si struttura il concetto dell'io. La nascita dell'io non può che corrispondere alla scoperta dell'esistenza dell'altro, da cui prende le distanze, ne valuta le differenze e si confronta per scoprirsi, identificandosi come singolo e diverso. Dopo aver fatto tutto questo il singolo, oltre a decidere chi è, deve tener conto di cosa gli altri pensano di lui. Come ho già accennato prima è soltanto dopo la rivoluzione industriale che l'individuo si trova inglobato in quel processo di apprendimento continuo e in un cambiamento veloce della società, che in buona parte è avvenuta con l'avvento dei nuovi mezzi di comunicazione. A partire dalla rivoluzione industriale si è verificato un processo di urbanizzazione, che ha portato ad una ridefinizione dei rapporti umani. Cambia il modo di produrre, separando il mondo del lavoro dal tempo libero. La nuova tecnologia ha portato del benessere a noi e alla società, ma spesso viene usata dall'uomo per motivi futili, andando ad influire direttamente sull'efficienza e l'efficacia del modo di comunicare. Non si impara a comunicare possedendo l'ultima tecnologia, ma si impara a comunicare in maniera diretta. L'enorme successo di messenger ci fa capire l'altro modo di comunicare, quello che da in effetti la possibilità di sfuggire dalla propria identità. Quello che colpisce di più è la possibilità di dire delle cose che in presenza dell'altra persona non diremmo mai, sia per la paura di fare brutta figura, sia per la paura di essere escluso dal proprio gruppo di pari. Avviene uno sdoppiamento della nostra personlità, che sinceramnete non aiuta a capire chi siamo realmente, quali sono i nostri limiti e quali i nostri sentimenti. E' il caso delle chat, dove incotriamo persone e ce ne innamoriamo senza mai aver avuto un contatto faccia a faccia (non sapendo che erano minorenni da Tobia). Alcuni sostengono che messenger sia un modo economico di comunicare e probabilmente è vero, ma la propria personalità non ha un prezzo. Questa critica è solo uno sfogo per le nuove generazioni, per quelle persone che ormai non escono più di casa per la paura di non essere accettate per quelle che sono realmente, per quelle persone che confondono i veri sentimenti, con frasi poetiche e con coloro che di notte sognano la loro amata o amato senza mai averla vista in faccia.
Questo è quello che penso e la prossima persona che mi chiede perchè non uso messenger gli risponderò semplicememte
- Vai su fabiani35.blogspot.com

E ora criticate.

14 comments:

Anonymous said...

Non do torto a Lorenzo, sebbene il suo punto di vista sia piuttosto estremo e nonostante io sia un utente di messenger.
Trovo che, come per la stragarande maggioranza delle cose, serva solo trovare il giusto compromesso: usare ma non abusare.
Quindi, scrivere in messenger (o chat analoghe) va bene, basta non esagerare come purtroppo fanno moltissimi giovani d'oggi.
Questi giovani sono identificati anche come bimbiminchia.
Infatti basta osservarli per accorgersi subito che sono persone prive di personalità e soprattutto di capacità di pensiero indipendente.

Badate, o voi che passate le giornate in chat!
Sappiatevi moderare, ovvìa!

per ulteriori info:
http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Bimbominkia

>-Defra->

Anonymous said...

Personalmente ringrazio lorenzo del linguaggio con il cui ha analizzato un argomento cruciale della nostra società.
Interessante l'aspetto storico sulla rivoluzione industriale, al quale aggiungerei il fatto che essa, la rivoluzione, portò all'accrescimento nei paesi più sviluppati della proprietà privata, e credo ad una perdita di valori identitari ma più materiali.
Come su messanger del resto. Padroni di comunicare con assurdi nomi, inglobati in questa rete, che mi ricorda i primi recinti costruiti in francia intorno ai territori, appunto, privati.

Riccardo.

pietro said...

Credo che quello che Lorenso ha detto non faccia una piega. Inutile nascondersi dietro un uso moderato. Le cose o si usano o non si usano, l'uso moderato indica un uso, e questo è quanto. Può darsi che di conseguenza la forma di dipendenza non sia ancora sviluppata, ma è comunque presente e implica di per se una alterazione dal vero processo di comunicazione e conoscenza della persona.
Mi fanno ridere coloro che parlano di uso moderato.
Io uso messenger ed ammetto che ne sono dipendente, in piccola parte, ma dipendente. Chi quando accende il computer e si connette ad internet non avvia anche messenger? Signori miei, per me questa è dipendenza, e non mi vergogno certo di ammetterlo.
Grazie Lorenso per aver detto le cose per quello che sono.

Anonymous said...

che pezzo favoloso!!!!!!!
ido

Anonymous said...

Io non concordo con Pietro: trovo che il suo post sia vagamente in contraddizione.

Non si può fare di tutta l'erba un fascio dicendo che "le cose o si usano o non si usano, l'uso moderato indica un uso, e questo è quanto" perchè non esiste solo il bianco o il nero.
Dire di essere "dipendente, in piccola parte, ma dipendente" e che "la forma di dipendenza non sia ancora sviluppata" è invece un pò contraddittorio.
Dal momento che la dipendenza è una condizione che c'è o non c'è; a differenza dell'uso che può essere sia elevato che moderato, senza per questo dover per forza sfociare nella patologia.
Per dipendenza infatti, si intende una condizione patologica per cui la persona perde ogni possibilità di controllo sull'abitudine.
Dove per abitudine intendiamo l'attitudine a una data cosa acquisita mediante ripetute esperienze.

Ovvio che la linea di confine tra l'abitudine e la dipendenza sta nella forza di volontà dell'individuo. Un bimbominchia stupido e senza volontà cadrà sicuramente prima di altra gente nella dipendenza (e verrà infamato).

>-Defra->

pietro said...

Sergio, il tuo commento non è serio, prima parli come una enclicopedia, con citazioni da chissà quali testi, senza neppure scrivere che le hai copiate da loro, ma spacciandole per tue. Poi subito dopo fai riferimento a questi famigerati Bimbiminkia dei quali non trovo traccia in nessun testo: la prossima volta documentati su Topolino, forse è una fonte più attendibile..
E poi il mio post non contiene contraddizioni: si può infatti essere secondo il mio punto di vista più o meno dipendenti da qualcosa, misurando la dipendenza dall'uso che si fa della cosa stessa. Certo, sempre dipendenza è, ma cazzo, se fumo tre pacchetti di sigarette al giorno sarò un po' più dipendente di chi ne fuma appena mezzo???
Poi fai te..

Anonymous said...

Ho riportato le definizioni di Wikipedia di dipendenza e abitudine, giusto per dare peso a quello che stavo dicendo.

se non sai chi sono i bimbiminkia informati sulla nonciclopedia a questo link(l' avevo già postato qualche intervento più sopra)
http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Bimbominkia

E comunque vedo che anche tu nei tuoi discorsi parli di dipendenza come un uso.
Quello che voglio farti capire è che nella mia opinione la dipendenza è un abuso, l'uso è un utilizzo "normale" di una qualsiasi cosa.
L'utilizzo normale può essere maggiore o minore ma se resta controllato non diventa mai abuso, o "vizio" o "dipendenza".
Ti faccio un esempio:
una centralinista che per lavoro sta al telefono e risponde alle chiamate del call center usa il telefono 8 ore al giorno, ma magari quando arriva a casa non sta di nuovo tutto il tempo al telefono.
Invece ci può essere un'altra persona che magari non lavora in un call center ma è affascinata dalla moda dei cellulari e usa il telefono per mandare sms in continuazione, anche per non dire niente di importante, ma solo perchè gli piace farsi vedere che ha il cellulare, chiama sempre tutti, ecc ecc...

Nel primo caso si tratta di uso necessario, elevato ma che può essere controllato e non diventa per forza dipendenza.
Nel secondo caso si tratta di dipendenza.

Ho espresso in modo abbastanza chiaro il mio pensiero adesso?

>-Defra->

Pacchina said...

De Francesco, lei sta divagando, che cribbio c'entra una centralinista, mica lo ha scelto lei di stare al telefono 8 ore al giorno, lo deve fare per lavoro!!! Così come il suo lavoro non è quello di scrivere su questo blog, torni a lavorare, che l'Italia ha bisogno di lei!!!!

Anonymous said...

Come esistono diversi gradi di dipendenza esistono anche diversi gradi di uso senza sfociare nella dipendenza. Serve solo autocontrollo.

Una cosa che si fa non è per forza una dipendenza nel senso patologico; "cattivo" se vogliamo, del termine.
Se le cose stessero come dici tu non saresti libero di fare niente senza cadere in uno stato di dipendenza.
Un bicchiere di vino a pranzo non ti rende un alcolista;
Fumare una sigaretta al mese, dopo una cena con gli amici non ti rende un tabagista;
Usare MSN per salutare Giulio che è in australia, o invitare gli amici alla paella perfetta non ti rende un messenger-dipendente.

Sai, una delle mie dipendenze (per fortuna abbastanza leggera) è quella di voler avere sempre ragione (e bada bene, spesso ce l'ho ^^).
Inizierò a esercitare il mio autocontrollo su tale dipendenza da adesso: cercando di smettere di commentare i tuoi post.

vabeh dai, abbiamo scherzato ma adesso torno a lavoro che la pausa è finita.

ciao lillo, ci vediamo da Foffo e troviamo altri argomenti di cui parlare, se vuoi.

>-Defra->

Pacchina said...

Io non parlo con i comunisti

Anonymous said...

TREMATE......L'AMICO D'ORO 08/09 SI AVVICINA A GRANDI PASSI!!!!!!!

Anonymous said...

finalmente questo blog è diventato serio, era l'ora!!
sergio smettila di ricavare le notizie su Wikipedia!

pietro said...

Questo è sempre stato serio e interessato ai problemi dei giovani di oggi, come per esempio il post su riccardino fuffolo, o alla distinzione fra il bene e il male, vedi il post "mai incrociare i flussi", oppure all'importanza dell'amicizia, vedi il post "torna a casa hulio" o "cosa è successo il 9 luglio". E' inoltre un blog interessato all'arte, vedi "solo" e la celeberrima "coniglio coniglio". Quindi prego l'ignoto commentatore di pensare a quello che dice prima e di firmarsi poi (anche se non ce n'è bisogno, visto che non ci sono maiuscole iniziali è sicuramente di Lorenso)

Anonymous said...

Ciao Pietro,
prima di tutto volevo complimentartmi per il tuo blog, del quale sono sinceramente invidioso.
Volevo in seguito chiedere a lorenzo se realmente crede che sia giusto far risalire la scoperta dell'io da parte dell'uomo all'avvenuta del libero mercato. Ora numerose ricerche ci dicono che l'identità del proprio io (che non è altro che consapevolezza di quello che siamo nelle categorie spazio e tempo) si acquisisce verso il primo anno di età, proprio quando siamo in grado di riconoscere il nostro volto allo specchio. Questa è solo una premessa per affermare il fatto che mi sembra un po' difficile pensare che l'uomo del medioevo non avesse consapevolezza del proprio mondo interiore, e soprattutto di dove e in che tempo vivesse. Infatti se c'è una cosa che ho capito da Platone e da Socrate è che l'uomo ha come caratteristica intrinseca quella di ricercare un confronto con i propri simili, con i quali instaurare relazioni di scambio, dove per scambio intendo qualsiasi tipo di rapporto basato sulla parola e sulla semiotica, articolato su tutti possibili piani consentiti dalla società in cui esso si trova a vivere.
In coclusione trovo che la consapevolezza di se stessi, e il bisogno di ricercare un confronto con gli altri per confermare la propria identità siano vecchie quanto l'uomo.
Aderisco però molto sentitamente al tuo grido di dolore: infatti la comparsa di questi sistemi di comunicazione, quali msn o simili, sia diventa ormai il rifugio dalla vita e dalle esperienze concrete della realtà. Potremmo definirle delle droge subdole: infatti sappiamo benissimo il senso di dipendenza che provocano sulle persone con una personalità fragile e incline alla vergogna, le quali si creano una realtà parallela dalla quale non vogliono più uscire. Sicuramente molto, ma molto meglio un blog, come è riuscito a fare Pietro, con ottimi risultati inoltre.
Bona a tutti,
Cosimo(I'Checche)